domenica 25 novembre 2018

Dal Cardinale Sepe giunge la proposta sociale per aiutare i giovani a realizzarsi.

Il Cardinale Crescenzio Sepe
La proposta formulata dal Cardinale Crescenzio Sepe trova enormi consensi: «Riapriamo le chiese chiuse dando lavoro a coop di giovani»

Sembrerebbe veramente la prima volta che il clero si schiera a favore dei giovani per aiutarli a formarsi e creare qualcosa dal niente, dando la possibilità a tanti giovani che hanno voglia di creare un’attività in favore della collettività e per rendersi utili, in un momento che la vita sociale offre poco a chi non ha un buon titolo di studio, a chi non riesce a inserirsi, a chi non ha grandi amicizie politiche e sociali, riuscire a dimostrare che le proprie idee possono prendere forma e diventare realtà.

Il Cardinale Sepe esprime la sua alta opinione in merito alla piaga sociale della mancanza di lavoro «Dare un lavoro ai giovani è una esigenza sociale, se la nostra è una Repubblica fondata sul lavoro e il lavoro non c'è, allora la nostra è una Repubblica fondata sul nulla, abbiamo Chiese chiuse: apriamole con cooperative di giovani, abbiamo terreni incolti, diamoli a cooperative di giovani, infondiamo speranza e fiducia».

L’Arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe, ha espresso il suo timore in occasione di un incontro sociale avvenuto a Cerreto Sannita improntato sul tema «Dossier regionale sulle povertà 2018».

«Stiamo perdendo una generazione intera, stiamo perdendo giovani a causa della mancanza di lavoro e oggi - ha detto Sepe - nessuno può pensare di risolvere da solo questi problemi, bisogna lavorare insieme e nel rispetto delle proprie competenze perché il problema del lavoro è il problema dei problemi e la maggior parte dei malanni che soffre la nostra società».

Speriamo che i buoni propositi dell’Arcivescovo si possono realizzare con l’avallo Vaticano facendo diventare realtà le speranze di iniziare una realizzazione dei sogni dei tanti giovani che oggi si sentono emarginati e privi di qualsiasi possibilità di realizzarsi, magari dando vita a cooperative di agricoltori, di viticultori, allevatori oppure dando vita a attività personali ma organizzate nel sociale sfruttando proprietà dismesse e abbandonate sparse sul territorio italiano di proprietà della Chiesa.

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