sabato 26 maggio 2018

Don Michele Barone, santo o ciarlatano, incassava soldi anche da irlandesi e inglesi per le grazie della Madonna

Il Tempio di Casapesenna e Don Michele Barone.
Anche dall’estero arrivavano soldi a Don Michele affinché lui dispensasse esorcismi e grazie in nome della Madonna, in poche parole, (Favori celesti a pagamento).

Era considerato,(Cosa che lui non ha mai smentito), un prescelto della Madonna nel nome della quale operava esorcismi e grazie divine lautamente retribuite come meglio descritto nell’articolo pubblicato dal Mattino di Napoli a firma di Mary Liguori, molto noto anche oltremanica per merito della sua collaboratrice irlandese che aveva largamente diffuso il suo potere di esorcista e guaritore nel suo Paese di origine, richieste di aiuti celesti assieme ai compensi in denaro arrivavano anche telematicamente.

Don Barone diceva che le somme incassate, le avrebbe devolute alla Casetta di Nazaret, cosa che se fosse provata trarrebbe in causa anche la direzione amministrativa ecclesiastica del Tempio di Casapesenna e la Curia vescovile aversana per aver accettato somme considerevoli e a nero senza chiedere conto delle reali azioni svolte in nome della Chiesa, degli esorcismi e delle presunte grazie dispensate sia nel Tempio del comune casertano, sia in altri luoghi.

Per molti suoi fedeli d’oltremanica, padre Michele Barone era un santo, una persona carismatica, caritatevole, capace di caricarsi sulle spalle le sofferenze di un gregge allo sbando e di sottoporre le istanze dei disperati alla Vergine, malati gravissimi, persone con problemi psichiatrici che aveva perso ogni speranza chiedeva la grazia al «don» di Casapesenna affidandosi anima e corpo e lui che accettava le richieste anche per iscritto.

Troppi soldi e poca trasparenza. Situazioni ambigue al punto che anche le monache che si aggirano in zona, a quanto pare, non sono tali, appartengono a un ordine monastico non riconosciuto, infatti, sono anni che aspettano che il loro ordine venga riconosciuto, intanto continuano a vestire l’abito sacro in attesa che la loro situazione sia chiarita e accettata dalla Diocesi aversana.

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