L’Inchiesta delle Iene starebbe creando un mostro, una persona da mettere alla gogna nella pubblica piazza o appenderlo per i piedi, la stampa locale ci mette il carico da undici.
Una bambina undicenne avrebbe denunciato nell’inchiesta di aver subito per diverso tempo delle molestie sessuali e una condotta perversa e quasi ossessionante nei suoi riguardi ad opera dal prelato qualianese, la descrizione delle varie fasi irriverenti che sarebbero state commesse dal Sacerdote nei confronti della bambina, almeno come decritto e riportato da una testata cittadina, farebbero pensare alla fantasia almeno di una quindicenne e non di una bambina inesperta.
Pur non avendo mai avuto personalmente rapporti di amicizia con questa persona nata e cresciuta nella nostra cittadina, personalmente credo che la questione in se stessa sia stata giudicata con molta leggerezza, colpevole o innocente non è nelle facoltà del singolo cittadino condannare o assolvere una persona, non tenendo in debito conto che con una distorta informazione si può distruggere la reputazione di una persona anche con un passato irreprensibile, il brutto è che pure se riconosciuto innocente, per liberarsi di un’etichetta così infamante non basta una vita.
Credo che al di la del rispetto deontologico per la professione che si svolge, in certi casi specifici bisognerebbe frenare l’interesse personale e attenersi a fare vera informazione scaturente da una decisione arbitrale della corte ecclesiale, la quale, dopo aver indagato a fondo e valutato il vero e il falso nella sua interezza si pronuncia con una motivata sentenza e non a detta di popolo o ascoltando i pettegolezzi delle comare del quartiere.
La notizia pubblicata ha gettato il Sacerdote in pasto ai lupi, infatti, i commenti popolari sono tutti rivolti alla condanna senza appello, senza sapere, e senza certezze ci si erge a giudici con grandi poteri di vita e di morte, ignorando che anche Ponzio Pilato si lavò le mani perché la decisione era troppo gravosa per lui che seppure ne avesse i poteri preferì rimettere al popolo la decisione.
Una bambina undicenne avrebbe denunciato nell’inchiesta di aver subito per diverso tempo delle molestie sessuali e una condotta perversa e quasi ossessionante nei suoi riguardi ad opera dal prelato qualianese, la descrizione delle varie fasi irriverenti che sarebbero state commesse dal Sacerdote nei confronti della bambina, almeno come decritto e riportato da una testata cittadina, farebbero pensare alla fantasia almeno di una quindicenne e non di una bambina inesperta.
Pur non avendo mai avuto personalmente rapporti di amicizia con questa persona nata e cresciuta nella nostra cittadina, personalmente credo che la questione in se stessa sia stata giudicata con molta leggerezza, colpevole o innocente non è nelle facoltà del singolo cittadino condannare o assolvere una persona, non tenendo in debito conto che con una distorta informazione si può distruggere la reputazione di una persona anche con un passato irreprensibile, il brutto è che pure se riconosciuto innocente, per liberarsi di un’etichetta così infamante non basta una vita.
Credo che al di la del rispetto deontologico per la professione che si svolge, in certi casi specifici bisognerebbe frenare l’interesse personale e attenersi a fare vera informazione scaturente da una decisione arbitrale della corte ecclesiale, la quale, dopo aver indagato a fondo e valutato il vero e il falso nella sua interezza si pronuncia con una motivata sentenza e non a detta di popolo o ascoltando i pettegolezzi delle comare del quartiere.
La notizia pubblicata ha gettato il Sacerdote in pasto ai lupi, infatti, i commenti popolari sono tutti rivolti alla condanna senza appello, senza sapere, e senza certezze ci si erge a giudici con grandi poteri di vita e di morte, ignorando che anche Ponzio Pilato si lavò le mani perché la decisione era troppo gravosa per lui che seppure ne avesse i poteri preferì rimettere al popolo la decisione.
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