Scena di un attentato in Pakistan. Foto Wikipedia. |
Condanne a morte da un lato e stragi d’innocenti dall’altra, l’occidente si chiede in nome di quale forma di giustizia si può fondare uno Stato arrivato al potere con l’oppressione e la soppressione di ogni forma di rispetto per la vita umana, come può un sistema politico sperare di ottenere i consensi popolari dopo aver portato dolore e lutto proprio in quelle case che dovrebbe governare.
È vero che questo è un ragionamento tipico occidentale, il quale è arrivato a queste conclusioni dopo secoli di vicissitudini ed eventi politici, ma è pur vero che il movimento talebano oggi combatte proprio diffondendo il terrore popolare contro un potere politico che a quanto pare non starebbe attuando una politica basata sulla comprensione o tolleranza ma al contrario portando ancora avanti le idee di arretratezza e minoranza verso le donne maggiormente.
Il colpo pesantemente incassato dal premier pakistano Nawaz Sharif, l’ha portato a miti consigli, infatti, secondo fonti attendibili, avrebbe deciso di revocare la moratoria sulle esecuzioni delle condanne a morte da eseguire nel suo paese, sarebbe già un bel passo avanti la soppressione totale delle esecuzioni che forse metterebbero a riposo tanti attentati.
La gravità degli attentati che ogni giorno si registrano in quelle zone, nelle quali si evidenzia che sono messi a segno da una sola persona votata alla morte, porta a capire che è l’idea che bisogna combattere non l’uomo che la mette a segno in nome di qualche ideale che sia politico, o ancora peggio religioso, è questo che dovrebbe spingere al dialogo i due poteri, quello di Governo e quello del terrore.
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